Marzo, come già detto nella rubrica dello stesso mese risalente al 2020, etimologicamente richiama il dio Marte.
Erroneamente è associato esclusivamente al suo omologo greco Ares, ma nel primordiale culto romano Marte era deputato anche ad altre attività oltre alla guerra.
Nasce infatti come divinità legata al mondo maschile: la guerra, certo, ma anche l’agricoltura. Figlio di Giove e della dea Tellus (già dal nome, legata alla terra) è a protezione delle messi, oltre che della fertilità (nella sua accezione maschile) e della vegetazione.
Le sue principali celebrazioni si tenevano alla rinascita della vegetazione, ad inizio primavera, e dunque proprio nel periodo di marzo.
Marte era inoltre considerato il padre di Romolo e Remo, marito della loro madre Rea Silvia, e dunque padre dell’intero popolo romano. Un popolo di agricoltori e guerrieri, proprio come il suo mitico progenitore.
Tutt’altra musica per Ares, legato alla ferocia ed alla sete di sangue (ed il cui culto era legato prinicpalmente a Sparta). Tra i suoi soprannomi figurano infatti il distruttore di uomini, l’assassino di uomini, il brutale ed il macchiato di sangue.
Solo con l’espansione dell’impero e la guerra divenuta pratica quasi quotidiana il parallelo Marte-Ares risulterà assai più marcato.
Interessantissima questa storia per comprendere come anche le divinità si legassero intimamente allo spirito di un’intera popolazione; divinità non distanti e trascendenti, ma quasi umane e che riflettevano il carattere di un popolo invece di pretendere di mutarlo.